martedì 28 agosto 2007

storia del bouledogue francese

Ad un primo sguardo sembra quasi uno scherzo della natura!
Più massiccio di un carlino e meno accigliato del suo “cugino” inglese, il Bouledogue francese, con il suo sguardo vivace e la sua prorompente corporatura, unisce in sé simpatia e maestosità.
Dal cane da compagnia ha acquistato la docilità, mai però sottomissione devota, l’affidabilità e la dolcezza; del molossoide ha conservato l’aspetto “massiccio”, la fierezza e l’indomito cuore
Nasce così un connubio perfetto che fa, di questo cane, il compagno ideale per quei padroni che cercano una tranquilla compagnia, ma che non vogliono rinunciare ad avere “un cane a guinzaglio”.
Con un peso che oscilla tra i 7 ed i 13kg delle femmine agli 8 ed i 14 kg dei maschi, non è certo infatti il tipico cagnolino da portare in braccio o da coccolare in una borsetta.
Anche se quindi, tra tutti i cani da compagnia, la sua mole è ragguardevole, rimane pur sempre un compagno dalle dimensioni ridotte, ottimo perciò se si cerca un “amico peloso” con cui condividere un appartamento.

LE ORIGINI: UN CASO FORTUITO DEGLI EVENTI
Come il suo aspetto così insolito, anche la storia del bouledogue francese appare piena di imprevisti e singolarità.
Legata a doppio filo con quella del bulldog inglese, l’epopea di questa razza comincia nell’Inghilterra dell’ottocento.
Abolita la lotta tra i cani inglesi ed i tori, gli allevatori dell’isola oltre manica abbandonarono quasi del tutto l’allevamento della razza autoctona. Solo i veri appassionati di questo cane, simbolo ormai dell’Inghilterra stessa, continuarono, con soli soggetti puri, a riprodurre campioni di alta genealogia.
Altri invece, cominciarono ad incrociare il bulldog con altre razze, quali il carlino ed il terrier di Manchester, cercando di selezionare soggetti più piccoli, amabili e ovviamente meno cari!
Fu così che, un po’ per fortuna ed un po’ per caso, in soli tredici anni si arrivò ad avere esemplari chiamati toy-bulldog, che sempre più si allontanavano dal bulldog inglese e sempre più si avvicinavano a quello che oggi conosciamo come Bouledogue francese.
Ma la fama di questi nuovi soggetti, poco durò tra gli inglesi del tempo; troppo affezionati al loro cane nazionale, finirono per vedere nel nuovo esemplare solo uno scarto della grande razza britannica.
Come velocemente il toy-bulldog aveva conosciuto un’inaspettata notorietà, così, altrettanto velocemente, fu bistrattato fin alla radiazione dalla lista delle razze riconosciute.
Abbandonati i fasti di esposizioni ed i riconoscimenti nazionali, i nuovi soggetti, ritenuti solo esperimenti mal riusciti, furono venduti per pochi soldi come semplici cani da casa.
Fu proprio da questo declino e dalla fortuita casualità degli eventi, che il nostro beniamino andò incontro alla sua meritata affermazione.
Amico fidato dei ceti più bassi, il cagnolino passò la manica con i numerosi operai che, sull’onda della industrializzazione, cercavano in Francia posti di lavoro.
Fu così che la patria adottiva gli offrì il meritato riscatto, facendolo diventare il compagno gradito dei salotti parigini.
Tanto fu grande la sua fama tra i francesi che, questi ultimi, vollero legare per sempre la loro nazione all’immagine di questo cane, che per ciò fu allevato con il nome di bouledogue francese.
La stessa Inghilterra, che un tempo lo aveva “esiliato”, cominciò ad apprezzarne i numerosi pregi, tanto che il Re Edoardo VII ne acquistò un esemplare direttamente oltre manica.
Il piccolo cagnolino, si diffuse velocemente in tutta Europa e la sua storia andò ad intrecciarsi magicamente con quella dei suoi famosi proprietari e con le avventure e disavventura del secolo passato.
o troviamo dunque a Vienna nel salotto della famosa sig.ra Sacher, eccentrica nobildonna che, non solo si dilettava in cucina, ma amava fumare sigari e, si racconta, non lasciasse mai soli i suoi bouledogue francesi.
Il nome di un altro esemplare di questa razza, sicuramente meno fortunato dei “parenti” viennesi, fa la comparsa sul funesto libro degli imbarchi del Titanic: un allevatore francese partì per l’America con moglie e cane al seguito ed al momento del tragico affondamento, messo nella condizione di decidere se gettare a mare una cassetta di preziosi appartenuti alla consorte o il cagnolino, si racconta che non esitò un istante a dare alle onde i gioielli.
Come per i grandi personaggi della storia umana, leggenda e verità si fondono per creare il mito; in questo caso, il mito di una razza, di un cagnolino che dal niente diventa un prototipo di bellezza e fedeltà che arriva, immutata, fino ai nostri giorni.

1 commento:

ERY ha detto...

cara cris!
grazie davvero per il tuo blog!
sei stata brava a menzionare le tante caratteristiche di questa razza cosi delicata e cosi dolce!
mi è venuta voglia di prendere un cucciolino!
complimenti, davvero, il tuo blog rifornisce delle informazioni necessarie e utili a che fosse interessato!!

brava
ciao
erika